Un’azienda olandese sta producendo pelle vegana fatta con i manghi che altrimenti verrebbero buttati via. Ora questo spreco può essere utilizzato per creare portafogli, borse e scarpe.
I cofondatori sperano di ridurre gli sprechi alimentari e di rendere l’industria della pelle più rispettosa dell’ambiente.
Business Insider ha visitato Fruitleather nei Paesi Bassi, per scoprire se la pelle vegana fatta con i manghi può davvero competere con la pelle comune.
Indice
Come viene fatta la pelle vegana con i manghi
Fruitleather raccoglie circa 1500 mango ogni settimana da un importatore olandese. I cofondatori dell’azienda Hugo e Koen producono pelle vegana fatta con i manghi che altrimenti verrebbero gettati via.
I cofondatori si occupano loro stessi della produzione eseguendo ogni passaggio meticolosamente.
Per prima cosa, inseriscono i manghi all’interno di una macchina dove verranno privati del seme e ridotti in poltiglia, la polpa viene spinta attraverso una pompa all’interno di una grande vasca.
Dopodiché aggiungono diversi additivi per trasformare la polpa di mango in un materiale simile alla pelle.
Versano il composto in delle teglie da forno e lo stendono per rendere il materiale soffice e sottile. Infine ripongono le teglie in un essiccatore per alimenti per almeno una notte.
Per la rivestitura della pelle si affidano a un’azienda specializzata. Questa operazione serve a rendere la pelle più lucida e più resistente.
L’ultima fase della produzione riguarda il design, questo passaggio permette di far apparire la pelle di mango molto simile a quella animale.
La pelle di mango può competere con la pelle comune?
Esistono buone ragioni per investire nella pelle vegana. A detta dei cofondatori dell’azienda Fruitleather, il mango è un frutto facile da lavorare inoltre più della metà dei mango venduti in Europa sono importati e distribuiti dai Paesi Bassi, dove il 12% del cibo viene sprecato. Le aziende come Fruitleather possono ridurre lo spreco di cibo.
Un’altra ragione riguarda la tintura della pelle comune, spesso sono utilizzati agenti chimici nocivi per gli umani, gli animali e l’ambiente.
Un’altra ragione ancora potrebbe essere la riduzione dei bovini negli allevamenti e di conseguenza dell’effetto serra.
Tuttavia queste motivazioni potrebbero non essere abbastanza per incentivare gli investimenti nella pelle vegana e anche gli esperti hanno da ridire:
“La lavorazione della pelle non è la ragione principale dell’allevamento bovino e non utilizzarla sarebbe un ulteriore spreco.”
Inoltre, la pelle vegana non deve competere solo con la pelle animale ma anche con la pelle sintetica che è fatta per lo più con materiali plastici e inquinanti.
Il mercato della pelle sintetica nel 2020 ha raggiunto un valore di 32 miliardi di dollari e le previsioni fanno pensare che potrebbe raggiungere i 40.5 miliardi di dollari nel 2027.
Nonostante ciò il mercato della pelle sintetica è solo una frazione dell’industria della pelle animale che nel 2020 è stata valutata intorno a 394 miliardi di dollari, 13 volte di più della controparte sintetica.
Un mango alla volta
Per l’azienda Fruitleather è ancora difficile poter competere poiché attualmente la produzione dell’azienda è di circa 80 m2 di pelle al mese, all’incirca 250 scarpe.
Il prodotto finale dell’azienda costa all’incirca 22 dollari al metro e le piccole dimensioni di ogni stoffa costringono l’azienda a fare solo alcuni tipi di prodotto, un altro punto a sfavore è la resistenza: la pelle vegana non dura quanto la pelle tradizionale.
Tuttavia i cofondatori dell’azienda Hugo e Koen stanno lavorando per migliorare la durabilità e per aumentare la produzione. Continueranno a rendere l’industria della pelle più rispettosa dell’ambiente un mango alla volta.
Conclusioni
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